Gli studi sulla telepatia e chiarovegenza

Negli articoli passati ho citato i ragguardevoli risultati raggiunti dal professor Rhine e dai suoi colleghi della Duke University nel tentativo, eseguito con più di centomila esperimenti di laboratorio, di determinare l’esistenza della “telepatia” o “chiaroveggenza”.

In seguito agli esperimenti di Rhine, gli scienziati ritengono assai probabile
l’esistenza di telepatia e chiaroveggenza. A certi soggetti particolarmente dotati a

livello di percezione venne chiesto di individuare un certo numero di carte di un
mazzo, senza guardarle e senza potervi accedere altrimenti coi sensi. Una
ventina di donne e uomini sono stati in grado di identificarne regolarmente e
correttamente un certo numero e «non c’era una possibilità su milioni di milioni
che ci fossero riusciti per caso o per fortuna».


Ma come hanno fatto? Si tratta di poteri che, ammesso che esistano,
appaiono indipendenti dai sensi.

Non hanno un organo di espressione.

Rhine ha scoperto che i soggetti drogati con
sostanze narcotiche hanno una soglia di percezione inferiore, mentre quelli che
assumevano stimolanti la innalzavano.

Sembra inoltre che i soggetti migliori
ottenessero i risultati sperati solo se si sforzavano di rendere al massimo.

concludo questo articolo asserendo che telepatia e chiaroveggenza sono simili, anzi, sono lo stesso dono.

Ciò equivale a dire che la facoltà che
permette di “vedere” una carta attraverso il dorso sembra la stessa che permette
di “leggere” il pensiero all’interno della mente di un altro uomo.

Questo si è dimostrato in vario modo: per esempio, chi possiede uno dei due talenti di solito ha anche l’altro.

Inoltre, quando convivono, i due talenti si esprimono quasi esattamente con la stessa forza ed efficacia.

Le pareti, le schermature e la
distanza non influiscono affatto su di loro.

Da ciò si desume che le altre
“intuizioni”, che assumono la forma di percezioni extra-sensoriali, sogni
profetici, premonizioni di disastri, e simili, potrebbero appartenere alla
medesima facoltà percettiva.

Non chiedo ai lettori di accettare tutto: tali conclusioni sono a scatola chiusa, ma le prove accumulate da Rhine appaiono
impressionanti.